Lo stato siamo noi, e se questo è vero, in questo momento di difficoltà sociale ed economica è necessario che esso intervenga con investimenti diretti nell’economia in piena recessione.
Sinora, in Italia, il governo ha varato alcuni noti provvedimenti volti, da un lato, a fronteggiare l’emergenza sanitaria e, dall’altro, a fornire un minimo di liquidità a dipendenti, lavoratori autonomi e piccoli imprenditori.
La logica seguita non si è discostata dal paradigma di base, ovverosia la creazione di base monetaria mediante indebitamento. Indebitamento da parte dello stato, alle prese con fonti di copertura interne e soprattutto europee, ed indebitamento dei privati mediante il ricorso al debito bancario con garanzia pubblica.
Si tratta di soluzioni emergenziali provvisorie e di certo non sufficienti.
Ciò che è necessario è il varo di un’ampia manovra di efficienti ed efficaci investimenti pubblici nell’economia, volti a creare quell’effetto moltiplicatore, teorizzato da Keynes ed applicato concretamente da Roosvelt negli Stati Uniti, dopo la grande depressione del 29 e col piano Marshall nell’immediato dopoguerra in Europa.
Oggi, dopo decenni di cultura neoliberista, con la completa privatizzazione del sistema monetario, sia a livello nazionale che europeo, e con l’ampio varo di programmi di privatizzazione di interi settori, previa demonizzazione del settore economico pubblico, l’attuazione di tali politiche appare difficoltosa.
Non vi è solamente un ostile approccio ideologico ma anche una strutturazione istituzionale finanziaria a livello europeo che impedisce il ricorso ad una politica monetaria espansiva congiuntamente ed in coordinazione con la concomitante adozione di interventi fiscali (in senso lato) volti all’attuazione di investimenti in settori strategici, capaci di creare effetti volano su intere filiere.
La limitatezza delle misure adottate, presenti e future, nonostante il dramma umano e sociale di questa crisi, non tarderanno a manifestare, nei prossimi mesi i loro effetti dirompenti.
Come da sempre sosteniamo non si tratta di un problema di reperimento di risorse finanziarie, in quanto queste possono essere create, a patto che vengano investite proficuamente nella realizzazione di beni e servizi, ma di volontà politica nel cambiamento di paradigma nella gestione dell’economia, giungendo ad una unificazione delle misure monetarie con quelle fiscali.
Ma ancor prima occorre una presa di consapevolezza anche da parte di coloro che detengono saldamente il potere economico: infatti il vincolo del debito, pur se sino ad oggi è stato un chiaro strumento di potere, finirà per far soggiacere anch’essi alla sua stessa logica.
I prossimi mesi cominceranno a palesare le evidenze di una crisi senza precedenti: occorre intervenire senza esitazione, prima che sia troppo tardi.